STRETTAMENTE PERSONALE VISTO DA GAMBACORTA

te personale”, la prima antologia italiana dedicata all’autobiografismo, è nata in Abruzzo. Partiamo da qui: tu hai creato un nuovo sistema culturale, sia col Festival letterario “Sei giornate in cerca d’autore” (che si tiene ad Avezzano da sei anni), sia con opere tipo “Strettamente personale”. Per non parlare dei tuoi romanzi. Anche qui da noi le cose si muovono…

«Caro Simone, ora ti dico cosa rispondo a chi mi fa la domanda: «Ma Avezzano non ti sta troppo stretta, col suo provincialismo, ecc. ecc.». Ecco, a chi mi fa questa domanda, dico sempre che il provincialismo è solo nella nostra testa. Uno scrittore non ha bisogno dei morti ammazzati di Napoli e periferia, o dei crack finanziari della famiglia Cragnotti. In buona sostanza, credo che non sia la nostra terra a ‘muoversi’, quanto invece i suoi scrittori, che hanno smesso di lagnarsi addosso, cominciando a far sentire l’accento del nostro dialetto fuori dai confini geografici»
Quando hai avuto l’idea di realizzare quest’antologia?
«Tutto è nato perché ero stato incaricato di dirigere una casa editrice abruzzese. Editore che, ho scoperto subito, era senza un soldo, e con zero idee. Siccome, avevo lavorato per un anno intero all’antologia, fallito il discorso dell’editore abruzzese, ho proposto il libro a vari editori. Peccato che non si sia fatto nulla con la Guanda (ringrazio ancora Marco Vichi per aver interceduto), per via dei diritti di esclusiva – in termini contrattuali – di molti autori presenti nell’antologia con le rispettive case editrici. Dunque, impossibilitato a pubblicare la raccolta con una major, ho optato per la Pendragon, anche se ho un debito in sospeso con la sarda Il Maestrale e con Giancarlo Porcu. Debito che nel futuro cercherò di scontare»
Come mai l’autobiografismo?
«Mera curiosità personale. Avevo letto tutto o quasi degli autori presenti in “Strettamente personale”, e sentivo l’esigenza di conoscere il loro dietro le quinte. Mi affascinava l’idea, in realtà. E, tutto sommato, credo di potermi ritenere soddisfatto per la scelta. Certo, non tutti gli autori si sono sbottonati, ma va bene lo stesso»
Qual è il rapporto tra narrativa e autobiografismo, dal tuo punto di vista?
«È un modo di confrontarsi perfetto. Di fronte si pongono l’io reale e quello di carta, e una volta tanto il narratore non ha bisogno di cambiare il nome al protagonista»
Com’è avvenuta la scelta degli autori?
«La scelta è nata in sette anni di piacevoli letture notturne. Sette anni che hanno fatto crescere in me una coscienza letteraria che prima potevo solo pensare di acquisire. Traduzione: il lavoro pro bono paga alla distanza, se lo si fa con il giusto criterio e volontà»
Hai fatto dell’editing?
«Ebbene sì. Era necessario. Anche i grandi autori hanno le loro distrazioni. A dirtela tutta, mi sono divertito»
Qualche contrasto oppure tutto bene?
«L’unico contrasto l’ho avuto con Grazia Verasani (e me ne dispiace, perché la considero molto), che mi ha scritto una mail definitiva, dicendomi che se avesse letto l’introduzione prima della pubblicazione, non mi avrebbe di certo concesso il suo racconto. Vuoi sapere perché?»
Perché?
«Ti accontento. Tutto nasce da un ‘vaffanculo’ cartaceo, che lei ha creduto reale. Va beh»
Ma il ruolo del curatore, in un’opera simile, qual è?
«Quello di farsi il mazzo»
Domanda politicamente scorretta: qual è o quali sono i racconti dell’antologia che hai più apprezzato?
«In ordine: quello di Eraldo Baldini (“Il nonno, un cocomero, due decisioni”), Giuseppe Culicchia (“Una storia privata”), Teresa Ciabatti (“Piccole mamme”), Gianluca Morozzi (“La ragazza dai capelli di cobalto”), Paolo Nori (“L’apparente inutilità di quel libro là della Grècova”), Vitaliano Trevisan (“La vita fugge, et non s’arresta una hora”) e Marco Vichi (“Trappola per ubriachi”)»
Che tipo di panorama viene fuori da “Strettamente personale”?
«Il più variegato. Ogni autore col suo stile, alla faccia di chi sostiene che la pianura Padana si estende alle altre regioni»
Ecco, quante scritture, quanti stili, si incrociano e si affiancano in “Strettamente personale”?
«Nell’antologia c’è la summa della narrativa italiana, di genere e non»
La critica come ha reagito? Ricordo che Filippo La Porta si entusiasmò, mentre Teo Lorini fu un po’ più freddo… Nel complesso qual è stata la risposta?
«Mai lette tante recensioni per un mio libro (mi pare, se non sbaglio, di averne passate in rassegna ventisei). Pertanto, la risposta è stata più che positiva»
E i tuoi colleghi scrittori – parlo di quelli non inclusi nell’antologia – cosa ne hanno detto?
«Niente»
Capisco. E i partecipanti, invece, come hanno risposto?
«Tiziano Scarpa, Vitaliano Trevisan ed Emiliano Gucci mi hanno fatto i complimenti. Per gli altri, è stato tutto normale»
Che tipo di interlocutore hai trovato nell’editore Pendragon?
«La disponibilità, anche se con qualche limitazione»
Come ricordi questa esperienza di curatore?
«Ricordo che ci presi gusto e che tra qualche anno tornerò alla carica»
Fra le antologie degli ultimi anni, quali sono quelle che ritieni più sensate?
«Ci penso un po’ su, e poi te lo dico di persona»
(21 luglio 2007, SIMONE GAMBACORTA)

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